Obon: storia, riti e tradizioni del festival della memoria

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L’Obon è uno dei momenti più sentiti dell’anno in Giappone: un matsuri che affonda le sue radici in antiche tradizioni buddiste e che, ancora oggi, unisce famiglie e comunità per onorare gli spiriti degli antenati. Durante questi giorni, le città si illuminano di lanterne di carta, le danze riempiono piazze e templi, e le celebrazioni si alternano tra momenti solenni e vivaci spettacoli. Dal suggestivo falò del Daimonji a Kyoto alle feste di quartiere, l’Obon è un’esperienza unica che rivela il cuore della cultura giapponese.

Che cos’è l’Obon e quando si celebra

L’Obon (お盆), noto anche come Bon, è un festival giapponese di origine buddista che si tiene per accogliere gli spiriti degli antenati e accompagnarli, al termine dei festeggiamenti, nel loro ritorno all’aldilà. Le date variano a seconda delle regioni:

  • Shichigatsu Bon: a metà luglio, diffuso soprattutto nell’area di Tokyo, Yokohama e nel Tōhoku.
  • Hachigatsu Bon: a metà agosto, il più comune e celebrato nella maggior parte del Giappone, incluso il Kansai.
  • Kyu Bon: secondo il calendario lunare tradizionale, in date variabili ogni anno, tipico di Okinawa, Chūgoku e Shikoku.

Nonostante non sia una festività nazionale ufficiale, in questi giorni moltissimi giapponesi rientrano nei luoghi d’origine, visitano le tombe dei loro cari, offrono cibo e fiori sugli altari domestici e indossano lo yukata, il leggero kimono estivo.

Riti e tradizioni dell’Obon

Il festival si apre con il mukae-bon, quando lanterne di carta chiamate chōchin vengono accese per guidare gli spiriti verso casa. In alcune zone si accendono anche grandi falò all’ingresso delle abitazioni. Alla fine, con l’okuri-bon, le lanterne vengono riportate verso le tombe o fatte galleggiare su fiumi e mari (tōrō nagashi), illuminando la notte in un’atmosfera di profonda suggestione.

Ogni città del Giappone arricchisce l’Obon con celebrazioni uniche. Tra le più famose:

  • Daimonji Gozan no Okuribi a Kyoto, dove enormi falò a forma di ideogrammi giapponesi vengono accesi sulle colline circostanti, visibili da tutta la città.
  • Gujo Odori a Gujo (prefettura di Gifu), un matsuri che dura oltre un mese e culmina con notti di danza ininterrotta fino all’alba.
  • Hokkai Bon Odori a Hokkaido, che preserva le tradizioni più antiche e ospita una delle canzoni popolari più celebri del Giappone.

In tutto il Paese, i quartieri si riempiono di bancarelle di street food, giochi estivi e spettacoli pirotecnici, trasformando l’Obon in una festa dove sacro e profano convivono armoniosamente.

In Giappone, specialmente nelle zone costiere, esiste l’idea che durante l’Obon il confine tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti diventi più sottile. Per questo, secondo una superstizione diffusa, gli spiriti degli antenati – o, in alcune versioni, spiriti inquieti – potrebbero trascinare le persone sott’acqua.

Non è una credenza universale in tutto il Giappone, ma in diverse regioni si tramanda il consiglio di evitare di nuotare o tuffarsi in mare, fiumi o laghi durante i giorni del matsuri, sia per rispetto verso gli spiriti, sia per timore di incidenti. Questo tabù si unisce alla tradizione di considerare l’Obon un momento di raccoglimento, più dedicato alla famiglia e alle celebrazioni che ad attività ricreative in acqua.

La danza Bon Odori

Il Bon Odori (盆踊り) è il simbolo per eccellenza dell’Obon. Le sue origini risalgono a oltre 500 anni fa e si legano alla leggenda del discepolo Mokuren, che danzò di gioia dopo aver liberato la madre defunta dalle sofferenze dell’aldilà grazie agli insegnamenti di Buddha.

Oggi il Bon Odori si balla in cerchio attorno a una piattaforma centrale (yagura), al ritmo dei tamburi taiko. I movimenti e le melodie variano da regione a regione: a Okinawa, ad esempio, si esegue l’eisa, caratterizzato da coreografie energiche e percussioni incalzanti. Tutti possono partecipare, rendendo la danza non solo un atto di memoria verso gli antenati, ma anche un momento di condivisione e gioia collettiva.

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